Ci troviamo in Thailandia, vicino Chiang Mai, sperduti sul Doi Inthanon, la montagna più alta del paese. Un ragazzo di una tribù locale, i Karen, cammina davanti a noi indicandoci la strada. La nostra destinazione è il villaggio di un altra tribù: gli Hmong. Proseguiremo poi verso il villaggio dove passeremo la notte. Questo è il racconto della nostra notte nella giungla thailandese.
Ci siamo appena salutati con gli altri ragazzi con i quali abbiamo condiviso la bellissima esperienza nel santuario degli elefanti.
Eravamo partiti quella mattina da Chiang Mai per passare due giorni e una notte nella giungla e non avevamo idea dell’esperienza che avremmo vissuto.
Camminare nella giungla thailandese
Thao cammina davanti a noi e ci parla della vita nella tribù, le loro abitudini, il loro sostentamento. Nonostante questo giovane ragazzo non sia mai uscito dai confini della vicina Chiang Mai, il suo bagaglio di esperienza ha un che di particolare. È assolutamente istruito su tutte le piante che lo circondano, conosce perfettamente le abitudini degli animali che abitano quella giungla, ne riconosce i segni, ci fa notare tracce della loro presenza. Il senso di sicurezza che ci trasmette è importante.
Noi indossiamo materiale tecnico: scarpe da trekking adatte all’ambiente in cui ci troviamo, zaini con dentro quello che speriamo sia il necessario ma comunque incespichiamo nella giungla, tra radici, rocce e guadi. Thao è vestito con una spessa tunica color viola e marrone, un paio di pantaloncini di seconda mano, una sacca a tracolla e delle infradito. La sua maestria nella giungla ci sorprende. Alla pari di un giaguaro, la affronta come noi camminiamo su un marciapiede.
Il termometro segna 35°, l’umidità rende l’aria pesante e goccioline di sudore bagnano le nostre magliette. Il cinguettio degli uccelli e i versi di altri animali si mischiano nell’aria. Siamo noi 3, isolati dal resto del mondo, nella natura incontaminata.
Il bagno nelle cascate nella giungla di Chiang Mai
Il rumore dell’acqua diventa più forte dopo ogni passo, una cascata! Ok, ci facciamo il bagno! Ci cambiamo velocemente e ci tuffiamo in un acqua freddissima. Thao, intanto, si rolla una delle sue sigarette.
Ci spiega che la “carta” che usa è una foglia di banano, all’interno mette anche delle bacche che, bruciando, emanano un forte odore, simile all’incenso, in grado di scacciare gli insetti. Non si pronuncia, invece, sul tabacco usato.
Usciamo dall’acqua e ci asciughiamo, indispensabile il piccolo asciugamano che abbiamo sempre nello zaino. Proseguiamo il trekking e il nostro giovane accompagnatore continua a parlarci della vita dei “popoli delle colline”: ogni tribù ha la sua lingua, i suoi costumi e la sua religione. I Karen, ad esempio, sono animisti.
Le risaie vicino Chiang Mai
Ci muoviamo più agilmente nella vegetazione grazie a un bastone che Thao ha modellato per noi quando, all’improvviso, la sua mano si pianta sul mio petto mentre con l’altra indica tra la vegetazione, è ora dello spuntino. Ticchetta con un dito una “sacca” fatta di foglie appesa ad un ramo quando immediatamente centinaia di enormi formiche rosse invadono la pianta. Thao si affretta, ne prende una manciata e le mette in bocca. Mi invita a fare lo stesso e, ovviamente, non rinuncio. Le sento scricchiolare, sembra come se piccole bollicine di limone mi stessero esplodendo in bocca. Deliziose!
La vegetazione si apre e il verde acceso ci abbaglia gli occhi: le risaie.
Camminiamo tra le risaie e veniamo scottati da un sole rovente, troviamo piacere però a stare alla luce diretta del sole dopo ore passate nella fitta vegetazione.
Il villaggio della tribù Hmong
Rientrati nel fitto della giungla proseguiamo il trekking. I primi segni umani, dopo diverse ore, cominciano a mostrarsi. Siamo infatti vicini ad un villaggio della tribù Hmong.
La vista ai nostri occhi è surreale, la vita di queste persone ci lascia a bocca aperta. Toccare con mano una realtà tanto diversa è destabilizzante. Vivono in un piccolo villaggio in basse abitazioni fatte di legno sopraelevate dal terreno per tenerle lontano dagli animali, con il tetto coperto da un fitto manto di fogliame. Lavorano quasi tutti nella giungla, solo alcuni, nella vicina Chiang Mai. Il villaggio è composto da poche case e ad accoglierci, questa volta, c’è solo una ragazza e dei bambini. Il resto del villaggio è a lavoro, ci spiegano.
I bambini ci vengono incontro correndo con un sorriso enorme e ci porgono dei bracciali fatti da loro, li ringraziamo e diamo loro qualche baht: sono estasiati dalla nostra presenza. Cominciano a mostrarci varie cose e ad arrampicarsi un po’ ovunque. È la prima volta che entriamo in contatto con una realtà simile, nella testa mille pensieri si accavallano ma alla fine si traducono in un silenzioso rispetto. Riduciamo al minimo anche le foto per rispetto verso questi popoli.
Con la mente scossa e il cuore stretto per la tenerezza provata verso quei bambini, ci lasciamo il villaggio alle spalle e proseguiamo il nostro cammino nella vita dei popoli delle colline.
Il villaggio Karen
Arriviamo al villaggio della tribù Karen. Incontriamo altri ragazzi europei con i quali condivideremo la notte e veniamo accompagnati nella nostra casa.
Le case si presentano ridotte all’essenziale. La maggior parte ha 3 spazi: uno comune, dove la famiglia si riunisce, uno per cucinare e un’altro per dormire. Anche queste sono rialzate dal terreno e al di sotto trovano riparo maiali e galline.
La nostra è una grande camerata dove non esiste arredamento. Troviamo, infatti, solo un materasso poggiato in terra con sopra delle lenzuola, mentre dal soffitto pendono grandi reti annodate che, una volta sciolte, faranno da barriera contro gli insetti durante la notte.
Poi c’è il bagno, ah il bagno, bellissimo. È una piccola costruzione fatta di mattoni, all’interno non c’è pavimento ma solo un water con accanto un secchio pieno d’acqua, per scaricare, ci dicono.
La notte nella giungla
Nel villaggio la vita prosegue tranquilla e iniziano i preparativi per la cena. In un grande pentolone viene cotto il nostro pasto che ci verrà servito molto presto rispetto alle nostre abitudini. Qui non c’è luce se non quella data dal sole di giorno e dalla luna di notte, ogni ora del giorno ha un importante valore e va sfruttata.
Dopo cena raccogliamo la legna che ci servirà per accendere il fuoco, siamo infatti stati invitati al falò del villaggio.
Al calar del sole l’atmosfera è bellissima. Ci troviamo sperduti nella giungla, intorno al fuoco, a cantar canzoni accompagnati da una chitarra.
Germana va in bagno e io la accompagno per farle luce, visto che è buio pesto. Illuminiamo la porta del bagno per aprirla e…
Un ragno dalla dimensioni non indifferenti. Non è lui, però, che dovrebbe spaventarci bensì il centopiedi che troviamo all’interno del bagno, lungo più di 20 cm. Torniamo al falò e scherzando con gli altri li informiamo dei nostri incontri ma quando nominiamo il centopiedi un ragazzo della tribù drizza le orecchie e dice: “È pericoloso, è velenoso!”. Da quello che abbiamo capito doveva trattarsi di una specie di Scolopendra un centopiedi dal morso velenoso e altamente doloroso. Con gli occhi sbarrati e un sorrisino isterico stampato sul volto spegniamo il fuoco e andiamo a dormire.
La notte passa tranquilla tra i mille rumori della giungla che ci regalano un atmosfera surreale.
La mattina nel villaggio
Ci alziamo alle prime luci dell’alba e facciamo colazione.
Decido che è ora di farmi una doccia e così posso mettere un’altra spunta nella mia lista delle cose da fare prima di morire: una doccia sotto una cascata gelata di prima mattina in un luogo sperduto nel mondo. Ci laviamo i denti nel fiume e siamo pronti per il rafting.
Bamboo rafting sul fiume Mae Wang
Grazie a un complesso e funzionale sistema di “trasporti” raggiungiamo le rive del fiume Mae Wang. Praticamente veniamo spostati da un pick-up ad un altro i cui scopi erano diversi: chi portava attrezzature per la pesca, chi andava a lavoro, chi portava bestiame, insomma ognuno con la sua destinazione. La loro organizzazione faceva sì che tramite una rete di passaggi tra pick-up, ognuno poteva arrivare dove voleva. Abbiamo un ricordo vivido di quanto la loro efficienza ci lasciò sbalorditi.
Ci apprestiamo a salire su una vera imbarcazione fatta di bamboo e una leggera pioggia tropicale rende il paesaggio degno del film King Kong di Peter Jackson.
Ci fermiamo e facciamo l’ultimo bagno.
La giornata si chiude ancora in musica. Il nostro accompagnatore imbraccia la chitarra e sulle note di Passenger ci perdiamo nei nostri pensieri.
È stata senza nessun dubbio l’esperienza più forte e importante di tutto il viaggio in Thailandia, un’esperienza unica.
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